L’Italia (ma è un discorso che vale anche per tutti i paesi industrializzati), si trova a dover affrontare un’onda demografica[2] senza precedenti che porterà ad un aumento importante della quota di popolazione in età pensionabile. I dati parlano chiaro: se oggi sono presenti la popolazione in età pensionabile è pari al 20% (1 pensionato ogni 5 lavoratori), le previsioni per il 2065 parlano di un aumento continuo che porterà tale percentuale al 33%, ossia 1 pensionato ogni 3 lavoratori. Per garantire una pensione con l’attuale gestione finanziaria a ripartizione (i contributi correnti sono utilizzati per pagare la spesa pensionistica corrente), l’importo degli assegni sarà necessariamente destinato a calare nel tempo.
Roma - Le lacrime del Ministro del Welfare Elsa Fornero. Un messaggio comunicativo difficile da dimenticare.
Le forme pensionistiche complementari, istituite con D. Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, “disciplina delle forme pensionistiche complementari”) hanno l’obiettivo di consentire al lavoratore di usufruire di un importo pensionistico più alto di quello che gli spetterebbe normalmente, con gli attuali criteri di calcolo, quando avrà smesso di lavorare. La partecipazione ad una forma qualsiasi di previdenza complementare permette di accantonare regolarmente una parte dei risparmi nell’arco dell’intera durata della vita lavorativa, con lo scopo di ottenere una pensione integrativa a quella corrisposta dalla previdenza obbligatoria.
Indipendentemente dalla forma scelta, le opportunità di risparmio a seguito dell’adesione a una forma di previdenza complementare sono notevoli.
Lo Stato, al fine di incentivare tale forma di risparmio, riconosce agevolazioni fiscali di cui altre forme di risparmio non beneficiano.
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